lunedì 14 marzo 2016

#062 - Umbria Paesaggio

Archivio Famiglia Leoni
Via Indipendenza, Petrignano di Assisi (PG)

Umbria Paesaggio sarà il titolo del mio nuovo lavoro.
L’idea è quella di mettere insieme in due grossi album alcune stampe del mio prezioso patrimonio fotografico (analogico e digitale) al fine di farne un racconto intimo e personale delle cose che amo e che per questo motivo ho fotografato.
Le foto saranno di tutte le dimensioni, dal formato tessera 5x5 cm. minimo fino al 20x20 cm. max e saranno accompagnate da didascalie, massime, schizzi, appunti, date, annotazioni e quanto altro possa arricchire la narrazione.
La raccolta avrà inizio a partire dalla scatola metallica di vecchie foto, un po’ ingiallite e dai bordi incerti e consumati che appartengono alla mia famiglia e che mi sono state tramandate negli anni per poi passare alle vecchie cartoline che ho messo via nel tempo, sia mie che altre acquistate nei famosi mercatini dove si trova un po’ di tutto, per poi arrivare ai miei primi scatti (negativo e diapositiva).
Di seguito continuerà la mia ricerca sul paesaggio umbro da Petrignano di Assisi a Bastia Umbra, dal Trasimeno alla Valnerina, da Città della Pieve a San Leo Bastia e così via.
La sequenza di immagini sarà in ordine più o meno cronologico e il bello sarà poter inanellare una serie che possa attirare l’attenzione e/o stimolare la curiosità dei fruitori di questa raccolta che di tanto in tanto potranno visionarne il contenuto a colori o in bianco e nero.
Il tempo vola (si diceva), le cose intorno e insieme a noi cambiano e attraverso le istantanee percepire queste mutazioni, riconoscendo nel paesaggio che varia lo scorrere inesorabile degli anni e delle nostre vite.
Un lavoro personale, quasi familiare da sfogliare con un caro amico nelle sere d’inverno, di fronte al camino, ascoltando un po’ di jazz e sorseggiando un bicchiere di quello buono.
E in quel momento la memoria così generosamente stuzzicata riporterà alla luce luoghi, episodi, persone che hanno caratterizzato la nostra esistenza strappandoci a volte una mezza lacrima, altre volte un bel sorriso.
Stampare le foto e ordinarle in qualche modo per dare un senso compiuto al nostro lavoro, per costruire la memoria e combattere il deserto digitale.
Questo sarà Umbria Paesaggio.
Ciao!

martedì 23 febbraio 2016

#061 - Paul Strand


Quando mi capita di raccontare a qualcuno della mia esperienza di fotografo dico sempre che fin dal primo momento non ho mai smesso di riprendere “tutto ciò che mi circonda” facendo implicitamente riferimento alla famosa massima di Paul Strand, uno dei padri della fotografia diretta o straight photography che all’inizio del ‘900 si opponeva al pittorialismo fotografico.
Per wikipedia, l’enciclopedia libera, Paul Strand (New York, 16 ottobre 1890 – Orgeval/Francia, 31 marzo 1976) è stato un fotografo e videomaker statunitense, che, insieme ad altri grandi fotografi modernisti come Alfred Stieglitz ed Edward Weston, contribuì, all'inizio del XX secolo, a conferire alla fotografia la dignità artistica che a tutt'oggi conserva.
La sua critica nei confronti del pittoricismo storico verteva sul fatto che si rifacesse ad un modello artistico quale le pittura, mentre lui ed in generale la straight photography nord americana ponevano alla base della qualità formale delle loro fotografie proprio il fattore tecnico meccanico che per anni era stato proprio quello che l'aveva distanziata dal mondo dell'arte, che invece vedeva la pittura come arte tout court. Alla luce della rivoluzione del ready made ad opera di Marcel Duchamp la fotografia può quindi ispirarsi al reale senza risultare per questo non artistica.
Per me Strand è stato all’inizio del mio percorso un maestro assoluto, un esempio da seguire e per quanto nella mia fotografia mi limitassi ad esplorare un piccolo spicchio di mondo quale è la mia Umbria ho sempre cercato di applicare con i miei mezzi limitati quel realismo fotografico in bianco e nero che facevano di un’istantanea un documento, di una fotografia una testimonianza.
Il libro che ho in casa è una bellissima pubblicazione edita da F.lli Alinari S.p.a. del 1995 “Il mondo davanti alla mia porta” 1950-1976 del formato di 24x29 cm. con all’interno “Paul and Hazel Strand: Un ritratto intimo” di Catherine Duncan e “Concepire il tempo senza tempo: il concetto di ritratto culturale nelle opere di Paul Strand” di Ute Eskildsen.
Interessante il fatto che Paul Strand oltre che di fotografia si è interessato anche di cinema realizzando alcuni film come i due documentari “Manhatta” nel 1921 e “Native land” 1942.

Dal titolo del film “Native land” mi sono ispirato per dare il titolo alla mia pubblicazione: Umbria terra natìa.

Link:


giovedì 31 dicembre 2015

#060 - Il tempo vola



Quello del tempo che passa è un vecchio tarlo che assilla la mia mente e quella di chi come me spesso si interroga su “cosa stiamo facendo”, “dove stiamo andando” e così via.
Nella mia piccola vita d’artista, se così posso definirmi, ho anche confezionato, era il 2010, un taccuino con disegni, foto e appunti che ho intitolato “Il tempo vola”, il cui unico destinatario era l’allora duenne Damiano Leoni.
Prendendo spunto da questo lavoro ci sono state successivamente altre occasioni dove questo tema è di nuovo emerso con l’esposizione di opere che ho intitolato, per l’appunto, “Tempus fugit”.
La sensazione è che si vada troppo in fretta, ma questa non è certamente una novità.
Appare evidente che se c’è un momento adatto per simili riflessioni è proprio quello dell’ultimo dell’anno che viene festeggiato con i migliori auspici e con rinnovata speranza che l’anno che verrà sia migliore di quello appena trascorso anche se personalmente mi accontenterei anche di un pareggio.
Nell’immaginario comune il ciclo del tempo è quasi sempre identificato con una ruota che gira inesorabilmente e che non perde mai un colpo ed ecco che l’anno in corso sta terminando la sua corsa per passare il testimone al 2016 nell’inarrestabile staffetta del conto del tempo che passa.
Nel 2015 sono entrato nel mio cinquantatreesimo anno di vita e come tutti gli anni il periodo che sto lasciandomi alle spalle mi ha riservato, alti e bassi, luci e ombre, gioie e dolori.
Il primo pensiero va ad un amico caro che quest’anno ha perso la vita in un tragico incidente stradale e che mi fa riflettere su quanto precaria sia la nostra permanenza su questo mondo.
Detto questo ci sono alcune cose buone del 2015 che meritano di essere ricordate.
La prima è che con il presente blog sono riuscito a superare le 10.850 visite per i 59 post precedenti a questo che complessivamente ho pubblicato a partire dal 5 febbraio 2013.
La seconda è che sono riuscito a stampare, grazie alla casa editrice Edizioni Era Nuova, il mio libro Umbria terra natìa a coronamento di un lavoro di indagine fatto fuori e dentro di me.
La terza è che ho cominciato a dipingere iniziando così ad esplorare un mondo che mi ha sempre affascinato e con il quale sapevo bene che prima o poi avrei dovuto fare i conti.
Per il resto mi auguro e auguro a tutti voi tanta serenità e un po’ di sana, vitale, sacrosanta lentezza.

Buon 2016.

giovedì 19 novembre 2015

#059 - La Biennale di Venezia

© foto di Maurizio Leoni

Non capitavo a Venezia dal lontano 1999, ci sono tornato da poco (6 e 7 novembre) per visitare insieme a mia moglie, il piccolo Damiano e altri cari amici, la Biennale 2015 che si chiuderà il 22 novembre.
Assistiti e benedetti da uno splendido sole simil primaverile abbiamo potuto godere in toto della creatività del genere umano e delle magnifiche attrazioni locali che rendono Venezia, senza dubbio, la più bella città del mondo.
Tornando alla Biennale, bisogna dire però, che per un ragazzo di provincia con il vizio della fotografia come me, essere catapultato in un mondo così largamente anticipatore, ha prodotto l’inevitabile conseguenza di far vacillare le mie già precarie convinzioni sul mondo dell’arte, fino a farmi retrocedere all’estrema considerazione su cosa fosse veramente arte e quale sia il suo profondo significato.
A tale proposito la prima cosa da fare sarebbe quella di consultare un vocabolario o un’enciclopedia, oppure tuffarsi nel mondo virtuale e interrogare i vari motori di ricerca al fine di scovare definizioni o pareri illustri di gente del calibro di Philippe d’Averio, Olivo Bonito Oliva, Flavio Caroli o Vittorio Sgarbi.
Ma siccome mi piace pensare con la mia testa ho intrapreso il meno facile sentiero della riflessione personale, ragionando sul fatto che anche gli Impressionisti nella seconda metà del XIX secolo furono criticati e attaccati dal mondo accademico parigino per il loro linguaggio visivo innovativo, tanto che la loro prima mostra fu allestita, non a caso, nello studio di un fotografo (Nadar) nel 1874.
Da utente inesperto quale sono e senza entrare nel merito di ogni singolo padiglione ho potuto vedere con i miei occhi opere fatte soprattutto di luci e liquidi colorati, effetti speciali, suoni strani, video, materiali riciclati e così via, insomma niente o quasi dell’arte “convenzionale” che prevalentemente siamo abituati ad ammirare nei musei, nelle gallerie o nelle collezioni.
Cosa ci vuole comunicare l’arte contemporanea e cosa la lega alla linea temporale dell’arte che siamo abituati a riconoscere come tale?
Mi è sembrato di capire che questo modo di esprimersi, sempre meno legato al canone estetico tradizionalmente inteso, sia sempre più analisi profonda del mondo, introspezione dell’essere uomo, immagine significante della società, denuncia, messaggio, comunicazione.
In definitiva viene quasi da pensare che niente è cambiato dai tempi delle prime pitture rupestri se non la forma, le tecniche e il modo di esprimersi in una società evoluta nel bene e nel male.
Un’arte usata come uno specchio che riflette l’animo umano e ci racconta del mondo che abbiamo creato o che abbiamo distrutto.
L’arte è pertanto come sempre portatrice sana di idee e di valori universalmente riconoscibili, è veicolo di messaggi e di verità, è espressione dell’uomo libero e senza confini di razza, di sesso, di religione, è un anticorpo ai mali della nostra società.
Niente di nuovo sotto il sole?
Forse è stata questa la lezione.

giovedì 29 ottobre 2015

#058 - Tullio Pericoli

Fotografia di Maurizio Leoni

Un po’ di tempo dopo l’ultima capatina a Bologna per vedere la mostra del grande fotografo Nino Migliori, sono tornato a Palazzo Fava per osservare da vicino le meravigliose opere di Tullio Pericoli, celebre e raffinato disegnatore, illustratore e pittore milanese di origini marchigiane.
Inutile soffermarmi sul fatto che questo evento espositivo intitolato “Sulla Terra” abbia fin da subito suscitato in me un fortissimo interesse sia per il tema trattato, quello del paesaggio, sia per il tipo di rappresentazione ricca di grafismi e di tinte che ammaliano lo sguardo, sia per la materia che sembra trapelare dalle tele o dai cartoni.
Per uno come me che vive di paesaggio e che vorrebbe passare dal mezzo fotografico alla tela, imbracciando invece che la reflex il pennello e la tavolozza, è stata un’esperienza forte che mi ha regalato belle sensazioni e mi ha riempito il cuore di grazia, ricordandomi i paesaggi marchigiani tanto simili per certi aspetti a quelli della mia amata Umbria.
Mentre sto scrivendo ho sottomano il catalogo bello ed elegante a cura di Elena Pontiggia e Graziano Campanini, edito da Skira (Ginevra-Milano) e realizzato con una carta accattivante anche al tatto.
Sfogliandolo è facile rendersi conto che per quanto ben realizzato esso non riesce a restituire pienamente la bellezza dei dipinti, che ovviamente anche se riprodotti in maniera professionale, un po’ appiattiscono senza riuscire a trasmettere le stesse emozioni che si vivono nell’osservare dal vivo le opere originali.
Nel vedere i quadri di Tullio Pericoli mi è saltato subito all’occhio il legame con le fotografie di Mario Giacomelli e non mi sono sorpreso più di tanto quando nella biografia del pittore ad un certo punto ho letto: Nel 2012 (…) i paesaggi dipinti da Pericoli entrano in relazione con quelli fotografati da Giacomelli nella mostra “Graffiature. I Paesaggi di Tullio Pericoli e Mario Giacomelli” alla Rocca Roverasca di Senigallia.
Che dire, la visita a questa mostra non solo mi ha ripagato del prezzo del biglietto, ma mi ha risarcito anche della cavalcata in solitario sulle dorsali dell’Appennino, con le solite deviazioni e scambi di corsie che si incontrano lungo della strada del “Verghereto” a seguito dei perenni lavori in corso.
Per fortuna verso Imola ci sono gli amici che mi aspettano a braccia aperte e come al solito si finisce sempre a tavola con i favolosi tortelli di zucca della signora Maria.
E domenica prossima si riparte, questa volta verso Roma, per ammirare altre bellissime mostre che la capitale ci offre, come ad esempio quella già segnalata di Olivo Barbieri al MAXXI.
Il motto del giorno potrebbe essere: la vita è una cosa meravigliosa e l’arte è la ciliegina sulla torta.
Saluti.


sabato 10 ottobre 2015

#057 - Gruppo Polaser


Quando nel 2005, grazie a Marcello Volpi (sempre lui), ho conosciuto Pino Valgimigli e gli altri amici del Gruppo Polaser, è stato per me un momento di rottura tra il fare fotografia in maniera convenzionale (FP4 da 36 e pedalare) e la scoperta di nuovi orizzonti artistici e culturali.
Non si trattava più di realizzare uno o una serie di scatti che raccontassero qualcosa o che meglio divenissero (nel mio caso) strumento di memoria personale o collettiva (vedere Umbria terra natìa), ma il poter usare la fotografia, quella istantanea in particolare, per andare oltre e creare vere e proprie opere d’arte.
Le cose che ho imparato nelle mie/nostre (con mia moglie Katia ed altri amici umbri) frequentazioni faentine mi hanno fatto crescere come uomo e come artista, nel caso lo fossi davvero, e sono forse state il vero ponte tra quello che ero e quel pittore che ambirei a diventare oggi (ho appena cominciato).
Una delle esperienze che ricordo con molto piacere è stata la performance "Pola-Air" (da una brillantissima idea di Andrea Drei e Claudio Bocchini) che ha avuto luogo all’alba del 9 settembre 2007 sul bagnasciuga di Valverde di Cesenatico quando dopo mesi di preparazione 37 fotografi fecero letteralmente volare via le proprie opere libere di andare dove volevano, scegliendosi il loro nuovo padrone, il mare.
Nel 2010, ad Imola, è stato celebrato il decennale dell’associazione con una grande mostra retrospettiva e contemporaneamente è stato stampato un bellissimo volume dal titolo "2000-2010, 10 anni di magia".
Oggi sono passati 10 anni da quando sono entrato nel gruppo e “sembra ieri”, come ha commentato Pino recentemente, e devo dire che se tanto ho guadagnato sotto il profilo culturale sviluppando progetti ambiziosi che hanno fatto il giro dell’Italia e d’Europa, ho ricevuto ancora di più sotto quello umano, intrecciando amicizie con persone speciali che si sono via via consolidate nel tempo, senza mai dimenticare chi purtroppo adesso non c’è più.
Oggi il Polaser è presieduto dal “perugino” Fabrizio Giulietti valente professore universitario ormai trapiantato a Forlì e sotto la sua guida abbiamo portato a termine progetti come “6 gradi di separazione a sviluppo immediato”, “Instant 900”, “Ex Libris” e “Spare Instants” che hanno riscosso un grande successo.
In futuro cercheremo di continuare il nostro percorso “creativo” con la stessa passione di sempre anche se orfani delle quasi insostituibili Polaroid … sarà una missione impossible?


domenica 6 settembre 2015

#056 - Parolamia di Giovanni Marrozzini


La bellezza salverà il mondo aveva affermato Dostoevskij e aveva proprio ragione.
Oggi mi sento di affermare che la bellezza non solo salverà il mondo ma si manifesta in mille modi diversi come ad esempio… arrivare per posta.
È esattamente quello che mi è successo nei giorni scorsi ricevendo un'elegante busta di cartone color paglierino contenente nell’ordine:
- un cartoncino nero di protezione;
- un cartoncino ruvido e chiaro con su scritto il titolo “Campo imperatore (AQ) 2011” e la didascalia/commento di Renata Ferri;
- la stampa fine art a cura di Lorenzo Lessi, la numerazione 39/40, il titolo e l’anno dell’opera scritto a mano e la firma dell’autore;
- il certificato di autenticità;
- un ultimo cartoncino con la scritta “parolamia” e abbastanza spesso da assicurare la perfetta conservazione degli elementi suddetti.
Insomma una meraviglia per gli occhi e per le mani.
Ma questo è niente se pensiamo al progetto di Giovanni Marrozzini e la straordinaria idea che ha avuto.
“Credo alla fotografia come mezzo per raccontare storie. Ho sempre avuto il desiderio che i racconti nati dalle mie immagini potessero tradursi in parole. Tra i tanti sogni che mi sostengono ce n’è uno, il più bello, che dà al lavoro che faccio un’energia speciale: tramandare ai miei figli un universo di storie che li aiuti ad orientarsi nella vita. Vorrei donare a Leone (6 anni) e Francesco (3 anni) una Biblioteca. Possiedo un grande archivio frutto di dieci anni di fotografia investiti in giro per il mondo. Quello che voglio fare ora è barattarle. Barattare racconti con racconti.
Per farlo, propongo lo scambio di tre libri (letteratura, antropologia, storia…) con una delle mie fotografie, ognuna accompagnata da una recensione scritta da una firma autorevole del mondo della fotografia o della letteratura”.

Non voglio aggiungere altro, non c’è bisogno di aggiungere altro.
Poter barattare libri con una bellissima fotografia d'autore per uno scopo così nobile è stata una fantastica esperienza... e voi cosa aspettate a partecipare?