sabato 14 marzo 2020

#079 - Fare la spesa ai tempi del coronavirus




Ciao a tutti, tutto bene?
Dopo più di un anno, mancavo dal 24 novembre 2018, torno un po' malinconicamente a solcare le righe di questo blog con la presunzione di poter sdrammatizzare un po' questa situazione di me**a anche se la motivazione principale, diciamocelo apertamente, è quella di passare il tempo.
Saluto fraternamente gli amici e parenti che di solito solidarizzano con me leggendo i miei post così da alimentare le statistiche relative alle visualizzazioni con l’obiettivo amichevole di non far precipitare la curva della mia autostima.
Approfitto per ringraziare tutti coloro che si stanno adoperando per mantenerci in vita (infermieri e medici) e per non farci mancare niente, fosse anche una parola di conforto.
Stamattina è avvenuto un fatto eccezionale tipo l’avvistamento di una cometa o la vincita della Champions League da parte della Juventus: sono andato a fare la spesa.
Armato di tutto punto con la mia mascherina fatta in casa da mia moglie Katia con la carta da forno e gli elastici, che mi faceva sudare anche le gengive; mi sono presentato poco dopo l’apertura al solito supermercato con cinque grandi buste della spesa e un elenco interminabile di roba da acquistare.
Appena entrato ho avvistato una decina di bipedi che si aggiravano spettralmente tra gli scaffali con armature facciali di plastica e di stoffa griffate o artigianali e con gli occhi ben visibili che impressionavano con un’aria tra lo smarrito e l’avvilito.
Mentre io riempivo il carrello per una spesa epocale come se non ci fosse un futuro, c’era un soggetto anziano che pesava due arance sulla bilancia e acquistava piccole cianfrusaglie per una spesa meno che giornaliera.
Un altro girava con un carrellino con dentro un pacchetto sottovuoto di caffè che si trascinava dietro come se stesse a portare a spasso il cane: segno evidente che non aveva nient’altro da fare.
Mentre appuravo con sommo dispiacere che rimanevano solo due confezioni di spaghetti numero 12 della mia marca preferita, potevo vedere che qualche umanoide sotto copertura cercava di mantenere le distanze di sicurezza mentre si guardava intorno furtivamente.
Ad un certo punto da qualche ugola è partito un sostanzioso colpo di tosse, allora tutti gli astanti hanno sobbalzato e hanno drizzato le orecchie per capire dove fosse posizionato il possibile untore.
Una volta controllato che avevo preso tutto o quasi mi sono avvicinato alla cassa dove alcune righe gialle appiccicate sul pavimento ci mostravano la lontananza da mantenere tra un cliente e l’altro.
Dopo aver messo all’interno della solita Fiat Punto a metano di 11 anni e di circa 300.000 chilometri le buste gonfie di ogni ben di Dio sono tornato mestamente a casa percorrendo le vie desolate e semideserte della mia Bastia Umbra.
Ora sono di nuovo a casa e mentre sto mettendo insieme queste poche parole è appena passata un’auto della Protezione Civile con gli altoparlanti da cui usciva una voce femminile per raccomandare a tutti di rimanere in casa.
Adesso torno sul mio divano dove ho preso domicilio e finirò di leggere, anzi di rileggere dopo più di trent’anni, il mio Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse dove, tanto per rimanere in tema, si narra anche di una grande pestilenza che uccideva uomini e donne del medioevo.
Un abbraccio a tutti e restiamo in casa.

Maurizio Leoni