mercoledì 5 aprile 2023

#084 VISIONI CONTEMPORANEE Una ricerca fotografica a Perugia - Monteluce e Sant’Erminio

 

Maurizio Leoni, Paolo Groff, Silvia Vespasiani, Florian Castiglione (foto Adriano Scognamillo)


È stata inaugurata il 3 marzo 2023 a Perugia, presso lo spazio espositivo di Istanti - Fotografia e Cultura in Via Cartolari, 19, la mostra fotografica VISIONI CONTEMPORANEE Una ricerca fotografica a Perugia - Monteluce e Sant’Erminio con opere dei fotografi Florian Castiglione, Paolo Groff, Maurizio Leoni e Silvia Vespasiani.

Il progetto fotografico si propone di osservare la complessità delle trasformazioni urbane più recenti e di intercettare i segni e le tracce delle mutazioni del tessuto costruito e sociale con l’obiettivo di documentare le molteplici forme di relazione con il vicino centro storico di Perugia e l’articolazione abitativa che il quartiere manifesta.
La finalità di Visioni Contemporanee è quella di guardare tra le pieghe delle stratificazioni del territorio al fine di tratteggiare le tante vicende quotidiane che si intrecciano tra architettura, spazi aperti e abitanti, utilizzando la fotografia come strumento espressivo di ricerca e di costruzione d’identità e memoria.
Visioni Contemporanee è stato sviluppato dal 2020 al 2022 da quattro fotografi, ognuno con il proprio linguaggio espressivo, con l’intento comune di restituire una visione odierna del quartiere oggetto di studio e, più in generale, di documentare il paesaggio contemporaneo di Perugia.

Florian Castiglione, La nuova Monteluce.
Il lavoro vuole mostrare un luogo bloccato in un limbo, immerso nell'atmosfera onirica e rarefatta in attesa di un cambiamento definitivo che possa far rivevere in altre forme gli spazi occupati dal vecchio ospedale di Monteluce
Biografia breve.
È funzionario architetto presso la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria. Nel campo fotografico si concentre sulla fotografia di archietettura realizzando mostre e pubblicando lavori in numerosi volumi di storia dell'architettura e dell'arte.

Paolo Groff, In presenza
La macchina fotografica può essere considerata come un contatore che rileva presenze e assenze (di oggetti, di luci, di persone, di colori, ecc). Analizza e registra soltanto quello che qualcuno seleziona. A parte il processo meccanico, fare una fotografia è per lo più un processo intellettuale di comprensione delle persone, delle città e delle loro connessioni storiche e fenomenologiche. I ritratti sono una finestra sul luogo.
Biografia breve.
Medico d’urgenza e fotografo, i suoi lavori si occupano principalmente di paesaggi antropizzati in cui i territori dell’uomo ed i suoi oggetti vengono osservati come veicolo di analisi dell’abitare contemporaneo. Ha esposto in mostre collettive e personali. Pubblicazioni recenti: Per la Patria. Piccolo Lapidario della Grande Guerra, Anzivino F. M., Groff P. (2017, AndreaLivi Editore).

Maurizio Leoni, Vista mozzafiato
Prendendo spunto da un annuncio immobiliare per un appartamento in vendita nella zona del Toppo di Monteluce, il progetto fotografico Vista mozzafiato si concentra sulla possibilità di utilizzare il mezzo fotografico come strumento per entrare in relazione con la complessità del mondo reale. L’autore proporrà, attraverso l’osservazione consapevole dello spazio urbano, una riflessione sulle mutazioni di un quartiere in continua evoluzione analizzato in un periodo di crisi.
Biografia breve.
Geometra e dottore in urbanistica e pianificazione ambientale e territoriale, predilige la fotografia di paesaggio attraverso l'analisi dei segni e delle tracce stratificate nel tempo e percepibili nell'ambiente antropico contemporaneo.

Silvia Vespasiani, Transizioni
Il progetto fotografico indaga l'articolazione dello spazio pubblico che si snoda tra i volumi costruiti del quartiere Monteluce. Spesso, per la morfologia propria del luogo, lo sguardo si relaziona con le parti alte degli edifici circostanti creando scenari visivi inaspettati.
Transizioni indica lo spostarsi da uno spazio all'altro, ma anche la perenne trasformazione della luce che accompagna l'osservazione dei luoghi.
Biografia breve.
Architetta e fotografa, si dedica a progetti di lungo periodo che osservano le trasformazioni urbane in cui utilizza la fotografia come strumento di ricerca documentaria. Ha esposto in mostre collettive e personali. Pubblicazioni recenti: Vistamare con testo di Roberta Valtorta (2018, Editrice Quinlan); Città Stagionali. Rigenerazione urbana oltre il turismo (2014, Editrice FrancoAngeli).

L'esposizione rimarrà aperta fino al 16 aprile 2023 con i seguenti orari:
Venerdì 7, sabato 8 e domenica 9 aprile dalle 18:30 alle 20:00
Venerdì 14, sabato 15 e domenica 16 aprile dalle 18:00 alle 20:00



lunedì 12 dicembre 2022

#083 – NARNImmaginaria / Associazione SATOR


La bellezza della città di Narni è nota in tutto il mondo e appare un’impresa impossibile aggiungere qualcos’altro con “il mio poco sapere”... come avrebbero sottolineato alcune persone anziane della mia giovinezza.
Mi era capitato di ammirare Narni da lontano, in molte occasioni, viaggiando in auto verso Roma e transitando su quell’orribile quanto necessario viadotto che prende il nome dalla frazione narnese di Montoro.
Mi piace in ogni modo ricordare il lungo nastro di cemento, posto lungo la SS675 Umbro Laziale Terni-Orte, in quanto giunge ad una cinquantina di chilometri dalla mia amata Sant’Oreste (RM) che ha dato i natali, nel 1876, a mio nonno Zaccaria. Aria di casa!
Vista da quel palcoscenico o meglio da quell’impalcato privilegiato, Narni si staglia sulla montagna come un presepe di vera pietra, impreziosita dalla Rocca Albornoziana che le fa da cappello.
L’amore per questa terra di mezzo e il mio gironzolare fotografico mi avevano portato a Narni e dintorni già in altre precedenti occasioni.
Toccando da vicino il territorio narnese ero rimasto colpito dalla città che dominava dall’alto la vallata sottostante e dal sottobosco scomposto e frastagliato di Narni Scalo, attratto dal suo bagaglio storico di archeologia industriale mescolato alle bellezze del territorio ricco di architetture storiche, come il celeberrimo quanto meraviglioso Ponte d’Augusto.
Un mix paesaggistico che visto attraverso gli occhi del fotografo appare come un dono, una ricchezza infinita di segni e tracce tramandati nel tempo in un ambiente forgiato dalla mano dell’uomo.
È stato amore a prima vista!
Il primo novembre del 2021 ho partecipato con piacere e armato della solita baldanzosa curiosità alla prima Maratona fotografica analogica organizzata dall’Associazione Sator, nell’ambito del Festival di Fotografia Narnimmaginaria, desideroso di mettermi in gioco e di conoscere gente.
Di Narni infatti conoscevo poche persone fatta eccezione per l’amico Luigi Loretoni, maestro di fotografia e vero signore da tutti i punti di vista.
In questa confronto tra amici vecchi e nuovi ho potuto conoscere altre persone gentili, dall’animo sensibile, che ci hanno ospitati come fratelli, tra i quali il presidente Roberto Pileri, i talentuosi Piercaludio Duranti e Mauro Nori e altri dell’Associazione Sator, tutti fotografi che ricordo oggi con molto affetto.
Devo fare loro i complimenti, assolutamente non di circostanza, chi mi conosce bene sa quanto sono sincero in queste occasioni, per la bravura e l’impegno con cui organizzano ogni anno il festival Narnimmaginaria in una cornice di luoghi espositivi particolarmente suggestivi e in un panorama ricco di eventi assolutamente interessanti.
Quest’anno sono tornato sul luogo del delitto (avevo rubato involontariamente un piatto di pasta al simpaticissimo fotografo orvietano Fabio Materazzini) con tutta la famiglia e ho partecipato con rinnovato entusiasmo alla seconda fotomaratona, anche perché nella precedente edizione ero risultato vincitore e come premio ho avuto l’onore di avere esposte le mie foto, che potete ammirare qui sotto.
Saluto gli amici vecchi e nuovi di Narni e do loro l’appuntamento per la prossima edizione.
Grazie davvero!

Maurizio Leoni








mercoledì 6 luglio 2022

#082 - 252 foto per un paese



In questo mondo globalizzato siamo tutti schiavi dell’elettronica e dei suoi derivati.
Ognuno di noi possiede uno smartphone con il quale prende decine di fotografie al giorno e le fa girare sui social come se non ci fosse un domani.
Siamo diventati tutti fotografi!
L’immagine è divenuto un prodotto di massa che si consuma in fretta e di cui non rimarrà nessuna traccia.
Il futuro che ci aspetta sarà il deserto digitale.
Fortunatamente non è stato sempre così.
Nel secolo scorso, ogni famiglia aveva la sua scatola di cartone o di metallo all’interno della quale conservava gelosamente le immagini degli avvenimenti speciali che lungo la linea del tempo caratterizzavano la vita familiare.
Le cosiddette foto ricordo del matrimonio, del primo giorno di scuola, della prima comunione, della cresima e così via.
Erano prevalentemente queste le occasioni in cui la famiglia intera posava per registrare l’avvenimento ma anche il trascorrere del tempo.
Spesso non si possedeva una macchina fotografica in casa e allora si presentava il fotografo del paese che provvedeva a catturare l’attimo.
L’operazione che ha fatto l’amico Edo Cinfrignini a Faiolo nel Comune di Montegabbione (TR) è stata quella di coinvolgere le famiglie del paese nel mettere insieme i propri ricordi e farne un album pubblico che è diventato prima una mostra e poi un libro.
Essendo Faiolo un piccolo centro rurale dell’Alto Orvietano ha fatto si che il tessuto sociale sia rimasto invariato negli anni e che ad ogni persona ritratta sia stato possibile dare un nome e un cognome, anche a quelle scomparse tanti anni fa.
Il quadro d’insieme di queste immagini mette in evidenza uno spaccato socio-culturale che determina e fa intravedere l’anima del luogo.
Non c’è stato bisogno infatti di chissà quali testi per presentare il libro ma solo poche righe introduttive dello stesso Edo, quelle sapienti ed autorevoli dello scrittore di Nicola Dal Falco e la postfazione di Roberto Cherubini.
Ho avuto il permesso di esporre in questo blog alcune delle 252 foto che sono state raccolte e che di seguito potete ammirare.
Se volete, lasciate nei commenti le vostre considerazioni.
Maurizio Leoni












venerdì 10 giugno 2022

#081 - Buongiorno mondo!

 

Buongiorno Mondo!
Come state?
È passato tanto tempo dall’ultimo post e in questo periodo sono successe tante cose.
La razza umana continua a distruggere il pianeta e punta senza tentennamenti all’autodistruzione della specie.
Inquiniamo e devastiamo il mare, il cielo e la terra come se non ci fosse un domani.
Quando penso a queste cose mi viene sempre in mente la canzone del Banco del Mutuo Soccorso “Miserere alla storia” dall’album "Darwin!" che recita testualmente:

Gloria a Babele
Rida la Sfinge ancora per millenni
Si fabbrichi nel cielo fino a Sirio
Schiumino i cavalli sulla Via Lattea
Ma
Quanta vita ha ancora il tuo intelletto
Se dietro a te scompare la tua razz
a”

Pensavo, che prima o poi avremmo fatto qualcosa e invece è sempre peggio.
Dimenticavo.. il Parlamento Europeo ha decretato lo stop alle auto a benzina e diesel in Europa dal 2035, che fortuna!
La pandemia e la guerra sono sotto gli occhi di tutti e ognuno di noi nel nostro piccolo ne sta subendo le conseguenze.
Per quanto mi riguarda, nonostante le coronarie difettose, le paturnie e il covid 19, sono ancora vivo e non è un dato trascurabile anche se prendo una decina di pasticche al giorno.
Il 15 agosto 2020 ho perso mia madre e da quel giorno del 1963 in cui Ella mi mise al mondo sono già passati 59 anni e 3 settimane circa.
Continuo a fare i conti col passato che mi tormenta.
Qualcuno molto più in gamba di me direbbe “stai sereno!” ma la parola tranquillità è stata abrogata dal mio vocabolario.
Le mie priorità sono mio figlio e la mia famiglia e di loro non mi posso certamente lamentare.
Ho ancora la Punto a metano del 2009 con la quale ho superato i 334.000 chilometri e grazie al cielo va ancora benissimo. Scongiuri!
Qualche notizia positiva dell’ultim’ora?
Ieri mia moglie ha discusso la tesi per la sua seconda laurea (110 e lode) con una tesi su Giovanni Angelini (1909 - 1999), pittore, caricaturista, grafico pubblicitario di Bastia Umbra.
Mio figlio è un po' più indietro e si appresta a sostenere gli esami di terza media.
È un bravo ragazzo e “come tutti i babbi” lo adoro.
In bocca al lupo!
Ringrazio Katia che mi ha concesso l’uso di un monolocale di sua proprietà, a Rivotorto, dove ho potuto organizzare una specie di rifugio/studio artistico che in famiglia passerà ironicamente alla storia come “l’Atelier”.
Spesso mi ritiro in quel luogo per osservare il Subasio, leggere, disegnare, dipingere ascoltare Rai Radio 3 Classica, ed è un bello stare.
Come cantava Guccini nell’Avvelenata, “tiro avanti e non mi svesto degli abiti che son solito portare, ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto!
Ci vediamo!

mercoledì 17 giugno 2020

#080 - Da Rasiglia a Sellano fino a Cerreto di Spoleto




Damiano sotto il vecchio ombrello di una sessantina di anni fa appartenuto alla Nonna Matilde


Domenica scorsa avrei avuto due alternative sul come trascorrere il pomeriggio:
avrei potuto adagiare le mie antiche chiappe sul divano e finire di leggere le rimanenti 182 pagine, delle totali 688, del libro di Bolaño “I detective selvaggi”, oppure sarei potuto uscire con Damiano, come gli avevo promesso, nonostante il maltempo diffuso su tutta la regione.
Per chi non lo sapesse, di tanto in tanto, il sottoscritto e l’amato pargoletto, vanno in giro per le città dell’Umbria al fine di scarabocchiare il loro sketchbook alla maniera degli Urban Sketchers, prendere fotografie come diceva Ando Gilardi e, a volte, degustare le specialità della cucina autoctona.
Abbiamo deciso di uscire!
Pertanto alle ore 15:30, del giorno 14 giugno, a bordo della nostra Fiat Grande Punto a metano del 2009, con ben 293.550 chilometri sulla gobba, muoviamo in direzione di Rasiglia, una frazione del Comune di Foligno.
Il cielo plumbeo e la pioggia incessante non promettono niente di buono ma i due impavidi Leoni non si lasciano intimidire.
Dopo aver ammirato, armati di ombrello e scarponcini, i rivoli d’acqua di Rasiglia, saliamo fino ai 784 mt. s.l.m. di Verchiano e dopo una breve sosta raggiungiamo la splendida città di Sellano.
Sellano si offre al nostro sguardo indagatore un po' bagnata e semideserta, fatta eccezione per qualche persona seduta fuori dello Stella Caffè vicino alla chiesa e qualche fanciullo che gioca negli spazi pubblici sottostanti.
Da Sellano continuiamo lungo la SR 319 per salire poi fino a Cerreto di Spoleto, patria del mio amico e collega Fabio.
Cerreto è sempre una delizia per gli occhi e dopo aver scattato qualche foto scendiamo baldanzosi, ma non più di tanto, fino al bivio per Triponzo, in piena Valnerina.
Damiano comincia ad essere stanco e viriamo a destra verso Borgo Cerreto con l’intento di tornare a casa.
Ad un certo punto, tra Borgo Cerreto e Piedipaterno arriviamo al punto dove qualche anno fa perse la vita in un incidente stradale un mio carissimo amico il cui ricordo rimarrà sempre vivo nel mio cuore.
Più avanti, all’altezza del bivio per la splendida Vallo di Nera c’è un autovelox di cui non ricordavo l’esistenza.
Ho rallentato di colpo e spero di non aver infranto nessuna norma del Codice della Strada né in questa occasione, né al successivo autovelox in località Castel San Felice.
La pioggia continua a cadere e nel frattempo Damiano si è addormentato beatamente.
Si risveglierà solo a Bastia Umbra quando fermerò la macchina davanti a Giò Gelato, la sua gelateria preferita, per gustare il solito gelato tutto gianduia.
A conti fatti abbiamo percorso quasi 140 chilometri.

Maurizio Leoni


Siamo partiti. Osservo la cupola scorrere. Appare imperlata dalle goccioline che tempestano il finestrino, sagoma ritagliata fra gli alberi, forse un po’ civettuola. Le note allegre di “Un giorno credi” pompate nella radio accompagnano la partenza. L’occhio rapace del fotografo, sospeso al di sopra del tempo e dello spazio, incastonato nel mirino, cattura voracemente l’immagine del cruscotto illuminato da mille spie. Cosa mi riserverà questa nuova escursione?
Il Tato imprigiona sulla sua celluloide istanti dello scorrere della strada bagnata che scivola sotto le ruote. È un pazzo? No, in realtà sa benissimo quello che fa, e io gli voglio bene anche così, da matto (qual è, ma per passione e in misura accettabile e contenuta). La Fiat color topo, animale con cui condivide anche l’aerodinamica forma, sferza l’umida entità dell’aria un po’ depressa di questo pomeriggio, sfida la mole dei nuvoloni che si dipingono all’orizzonte, fieri. Siamo forti della varietà di canzoni che si susseguono nella radio e del senso spensierato di leggerezza che caratterizza le nostre avventure. Anche per questo ti voglio bene, Tato.
Annunciata la destinazione: Rasiglia.
Anche se stritolato dalle evanescenti spire di un cielo la cui atona sfumatura vira verso il biancastro sporco del latte, il paesaggio della mia Umbria mi affascina e mi toglie l’uso della parola. Osservo, un po’ in soggezione, la maestosità dell’infinita distesa di soffice bosco, che si inerpica sulle fiancate dolci dei monti, labirinto di boriose sfumature verdi in cui l’occhio si perde.
Ecco il Sasso di Pale che emerge da una nuvola di nebbia, mostrando trionfante il chiarore raschiato dall’aria frizzante della sua fiancata.
Fra le timide fronde di alcuni alberelli campeggia uno strano capannone, pare un tubo di scarico piantato in una boscaglia all’interno della quale è un pesce fuor d’acqua, attaccato sul colore coriaceo della sua armatura. La porta, la cui tonalità biancastra si intuisce appena sotto il velo rossastro della ruggine che la divora, sembra osservarmi, ebete. Il Tato scende a fotografare. Beh, quel capannone potrebbe avere il suo fascino.
Dopo aver intravisto l’indicazione per Bar(r)i e aver attraversato Casenuove eccolo: il cartello Rasiglia. Ci siamo.
All’interno del paesino mi incuriosisce uno strano rumore a cui le orecchie si abituano e che si confonde sempre di più con il ticchettio frenetico e scrosciante della pioggia. É un rombo, un ruggito monotono che borbotta con la voce grossa. È il suono dello scorrere tartagliante dell’acqua che vena incessante la mappa del piccolo agglomerato di case. Per me, Rasiglia, si può descrivere solo attraverso i suoi canali, le esplosive acrobazie a cui sono costrette. In alcuni casi l’acqua è più violenta, irruenta, si dimena con rabbia esondante nei canali che la rinchiudono confinandola su un tracciato, nei punti in cui chiuse esili, traballanti in una fragile incertezza, non sono più capaci di arginare lo spumeggiante blaterare di un’acqua che si sporge oltre i confini di un canale e che scivola fuori in rigagnoli di gorgoglii. In altri punti, invece, i canali sono costrizioni scavate nel terreno all’interno dei quali il ruggito cruento dell’acqua si sfoga in evoluzioni di spuma biancheggiante, movimenti convulsi di una spina dorsale che si invola inarcandosi secondo i contorni del passaggio, fino a circondare isolotti svettanti che ospitano ciuffi d’erba i quali, titubanti, si sporgono a osservare la posizione destabilizzata della loro fortezza, alla mercé dei morsi del liquido. In altri momenti l’acqua diventa un singhiozzo saltellante, un frullo gorgheggiante di gorgoglii che si muovono in sinuose evoluzioni sciroccate, fino a trasportarsi verso la solitudine di un angolo lucido, nascosto fra i ruvidi e burberi profili di alcuni spunzoni di roccia su cui si arrampicava la silenziosa tristezza di qualche foglia, che contiene l’unico risucchio di un passaggio d’acqua, un tuffo dall’altezzosa superiorità del mento di una qualche costruzione che disegnava l’immagine di una cascata fatta del fatato disegno di alcuni rigagnoli, oltre i quali si può intuire lo sfocato profilo di un altro scorcio.
Dietro ad una distesa composta da casette che profumano di aria fresca, oltre il profilo dolce di due pendii che si accarezzano sulla linea dell’orizzonte, si apre un’immagine meravigliosa. Incastonata sotto il vaporoso pallore dell’impero delle nuvole si apre, regalata ai miei occhi quasi per miracolo, la visione dello scorcio di un monte, baciato dal sole, appena velato dell’immacolato filtro della lontananza.
E chiudo con una frase scovata in un canale, a Rasiglia, che, per un attimo, è riuscita a strapparmi dalla dimensione idilliaca e straniata dai problemi della vita in cui ero immerso, per farmi riflettere su quanto si addica alla nostra dimensione:
“La giusta via è come l’acqua: visto che si adatta a tutto, a tutto è adatta” (Ayuryeda)

Damiano Leoni


cruscotto


superstrada


Damiano


bivio per Pale lungo la vecchia statale 77


Rasiglia/1


Rasiglia/2


Verchiano


piana di Verchiano


Sellano


Cerreto di Spoleto

sabato 14 marzo 2020

#079 - Fare la spesa ai tempi del coronavirus




Ciao a tutti, tutto bene?
Dopo più di un anno, mancavo dal 24 novembre 2018, torno un po' malinconicamente a solcare le righe di questo blog con la presunzione di poter sdrammatizzare un po' questa situazione di me**a anche se la motivazione principale, diciamocelo apertamente, è quella di passare il tempo.
Saluto fraternamente gli amici e parenti che di solito solidarizzano con me leggendo i miei post così da alimentare le statistiche relative alle visualizzazioni con l’obiettivo amichevole di non far precipitare la curva della mia autostima.
Approfitto per ringraziare tutti coloro che si stanno adoperando per mantenerci in vita (infermieri e medici) e per non farci mancare niente, fosse anche una parola di conforto.
Stamattina è avvenuto un fatto eccezionale tipo l’avvistamento di una cometa o la vincita della Champions League da parte della Juventus: sono andato a fare la spesa.
Armato di tutto punto con la mia mascherina fatta in casa da mia moglie Katia con la carta da forno e gli elastici, che mi faceva sudare anche le gengive; mi sono presentato poco dopo l’apertura al solito supermercato con cinque grandi buste della spesa e un elenco interminabile di roba da acquistare.
Appena entrato ho avvistato una decina di bipedi che si aggiravano spettralmente tra gli scaffali con armature facciali di plastica e di stoffa griffate o artigianali e con gli occhi ben visibili che impressionavano con un’aria tra lo smarrito e l’avvilito.
Mentre io riempivo il carrello per una spesa epocale come se non ci fosse un futuro, c’era un soggetto anziano che pesava due arance sulla bilancia e acquistava piccole cianfrusaglie per una spesa meno che giornaliera.
Un altro girava con un carrellino con dentro un pacchetto sottovuoto di caffè che si trascinava dietro come se stesse a portare a spasso il cane: segno evidente che non aveva nient’altro da fare.
Mentre appuravo con sommo dispiacere che rimanevano solo due confezioni di spaghetti numero 12 della mia marca preferita, potevo vedere che qualche umanoide sotto copertura cercava di mantenere le distanze di sicurezza mentre si guardava intorno furtivamente.
Ad un certo punto da qualche ugola è partito un sostanzioso colpo di tosse, allora tutti gli astanti hanno sobbalzato e hanno drizzato le orecchie per capire dove fosse posizionato il possibile untore.
Una volta controllato che avevo preso tutto o quasi mi sono avvicinato alla cassa dove alcune righe gialle appiccicate sul pavimento ci mostravano la lontananza da mantenere tra un cliente e l’altro.
Dopo aver messo all’interno della solita Fiat Punto a metano di 11 anni e di circa 300.000 chilometri le buste gonfie di ogni ben di Dio sono tornato mestamente a casa percorrendo le vie desolate e semideserte della mia Bastia Umbra.
Ora sono di nuovo a casa e mentre sto mettendo insieme queste poche parole è appena passata un’auto della Protezione Civile con gli altoparlanti da cui usciva una voce femminile per raccomandare a tutti di rimanere in casa.
Adesso torno sul mio divano dove ho preso domicilio e finirò di leggere, anzi di rileggere dopo più di trent’anni, il mio Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse dove, tanto per rimanere in tema, si narra anche di una grande pestilenza che uccideva uomini e donne del medioevo.
Un abbraccio a tutti e restiamo in casa.

Maurizio Leoni

sabato 24 novembre 2018

#078 - La Grande quercia di Nottoria


È domenica mattina, appena prima dell’ora di pranzo, quando ci lasciamo alle spalle le antiche mura di Norcia e proseguiamo lungo la SS 685, fino all’incrocio per Castelluccio, un passo dopo il cimitero. 
Questa volta invece di prendere la via per la meravigliosa spianata posta ai piedi del Vettore, proseguiamo dritti sulla provinciale verso Savelli e Civita, in direzione di Cittareale che è già Lazio, provincia di Rieti.
La diretta iniziata dove un tempo c’era la Stazione di Norcia continua in maniera insolita per questi luoghi e dopo il già citato cimitero oltrepassiamo l’incrocio per Popoli e poi quello che porta a Ocricchio e Piediripa sulla destra e San Pellegrino, Frascaro e Valcaldara sulla sinistra.
Finalmente troviamo una specie di curva che ci fa virare leggermente tanto per spezzare la geometria e la monotonia della linea retta.
Superato di poco il chilometro 8,000 della SP 476 c’è l’indicazione Paganelli e quando il paesaggio sembra mutare e le montagne e i boschi sembrano avvicinarsi per rimpossessarsi dello sguardo ecco l’informazione che cercavamo.
Sulle solite frecce con scritte bianche in campo blu leggiamo distintamente: San Marco 4, Nottoria 2.
La carreggiata sembra farsi sempre più stretta e l’ambiente circostante diventa ancora più naturale.
Incontriamo una bella ragazza con un cane e chiediamo del luogo per cui eravamo partiti da casa un’ora e venti minuti prima con la solita Punto grigia a metano: “Sempre dritto, non vi potete sbagliare”.
Ad un certo punto il cartello di inizio centro abitato ci fa capire che siamo sulla direzione giusta.
Fatti altri 100 mt o poco più vediamo in tutta la sua maestosità quello che cercavamo.
La Grande quercia di Nottoria era davanti ai nostri occhi.
Ci avviciniamo e guardiamo dal basso verso l’alto questo albero pluricentenario che qualcuno ha definito l’essere vivente più longevo dell’Umbria.
Osserviamo con rispetto la grande quercia che con i suoi lunghissimi rami sembra volerci stringere in un grande abbraccio.
Tutto intorno i segni del terremoto sulle case, i camini che fumano dalle casette allineate profumano di famiglia all'ora di pranzo e un pastore maremmano che non smette più di abbaiare cerca di fare il suo mestiere il meglio che può.
Dopo un po' anche il cane si tranquillizza.
Questo luogo adesso ci appartiene, la quercia è diventata nostra amica e torneremo presto a trovarla. Ci potete contare!

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