Ho scoperto Eugenio Turri (1927-2005) per caso mentre gironzolavo in internet alla ricerca di qualcosa da leggere sul paesaggio.
Appena ho individuato questo libro di Turri intitolato “Il paesaggio come teatro. Dal territorio vissuto al territorio rappresentato” l’ho subito aggiunto tra i desiderata del mio catalogo on line su www.librarything.it e sono corso in libreria ad ordinarlo.
Quando riesco a prendere in mano il volume edito da Marsilio, Venezia (prima edizione 1998 – sesta edizione 2010) ISBN 978-88-317-6865-8, vedo che lo stesso è avvolto da una fascetta rossa con su scritta una citazione di Marco Paolini “Il libro che mi ha fatto capire la differenza tra l’essere soltanto residenti o pienamente abitanti di un luogo”.
Tombola!! Non l’ho ancora aperto e sfogliato e già me ne sono innamorato.
Adesso che l’ho letto posso dire che Eugenio Turri, veronese, geografo, viaggiatore e scrittore è stato una bellissima scoperta e che questo testo rappresenta un vademecum importantissimo per chi a qualsiasi titolo si occupa di paesaggio, di territorio e non solo.
Politici, urbanisti, paesaggisti, geografi, storici, fotografi e i cittadini tutti.
Nell’introduzione (pag. 13) si legge “La concezione del paesaggio come teatro sottintende che l’uomo e le società si comportano nei confronti del territorio in cui vivono in duplice modo: come attori che trasformano, in senso ecologico, l’ambiente di vita, imprimendovi il segno della propria azione, e come spettatori che sanno guardare e capire il senso del loro operare sul territorio”.
Andando avanti il libro si fa sempre più interessante offrendosi come utile strumento per diffondere quell’”educazione a vedere” che rappresenta un’azione fondamentale al fine di stabilire un rapporto positivo con il territorio che ci ospita, sviluppandone le potenzialità in quanto “spazio di vita” e preservandolo nelle sue qualità in quanto “specchio di sé”.
Da ultimo (pag. 118) “Nei rispetti del paesaggio i fotografi si trovano ad essere al tempo stesso attori e spettatori. E come spettatori lo fissano, lo catturano per offrirlo ad altri. Si fanno mediatori di una grande e fondamentale opera di teatralizzazione del paesaggio”.
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