Da sempre l’essere umano ha sentito il bisogno di rappresentare visivamente il mondo esterno di cui è parte e con il quale si relaziona ogni giorno.
Lo ha fatto a partire dalle magnifiche pitture rupestri di cui rimangono testimonianze in diverse parti del mondo ed ha continuato a farlo attraverso le arti fino ad arrivare alla più giovane di esse, la fotografia.
Intravedo vuole essere un blog sulla “fotografia di paesaggio”.
Ma cos’è la fotografia di paesaggio?
Proviamo a semplificare.
Da una parte la fotografia può essere definita come la capacità di qualcuno di estrarre contenuti spazio-temporali dall’universo reale e trasferirli in una superficie bidimensionale attraverso l’utilizzo dell’apparecchio fotografico.
Un ritaglio di spazio e di tempo.
Dall’altra la Convenzione Europea del Paesaggio nel 2000 ha stabilito che il paesaggio “designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”.
Le tracce, i segni, le forme, i pieni e i vuoti del paesaggio antropizzato.
Ma può essere la fotografia di paesaggio definita come la semplice sommatoria di queste due esplicitazioni?
Conscio di essermi avventurato in un campo minato, direi proprio di no.
La fotografia di paesaggio è una forma di espressione complessa, quanto di più intimo e personale ci possa essere.
Il mondo spesso indecifrabile che si cerca di rappresentare evidenzia quell’universo interiore che fa del gesto fotografico la ricerca di noi stessi nel paesaggio.
Come ha scritto Jorge Luis Borges «Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, di isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto».
Il paesaggio dell’anima è pertanto il riflesso di uno sguardo personale sul mondo, una visione puramente soggettiva annodata all'esistenza, ai ricordi e plasmata dall’esperienza.
Cosa c’è di più affascinante?