8 - 16 giugno 2013
Palazzo del Monte di Pietà – Corso Garibaldi, 37 Forlì
Testo di presentazione a cura del Gruppo Polaser
Nell’ambito degli eventi collaterali alla mostra "Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre" il progetto del Gruppo Polaser, in collaborazione con Stabile 5 Laboratorio per l’architettura, intende rivisitare alcuni monumenti, luoghi, opere d’arte realizzati tra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Quaranta a Forlì, in alcuni centri della Romagna e città italiane.
Una rivisitazione attuata attraverso il filtro della fotografia istantanea, strumento primo dell’espressione degli artisti del Gruppo, sperimentando un percorso di ricerca che, sulla scia delle numerose iniziative incentrate sulla letteratura, sulla pittura e sul teatro, in questa occasione si concentra sullo scambio linguistico tra fotografia e architettura. Proprio la ricerca e la sperimentazione di nuove possibilità espressive nelle molteplici forme dell’arte accomuna Polaser e l’associazione Stabile 5, particolarmente attenta tanto alla conoscenza, divulgazione e promozione dell’architettura del XX secolo realizzata nel territorio romagnolo quanto alla contaminazione tra le diverse discipline artistiche.
Non vi è dubbio che la relazione tra architettura e fotografia sia strettissima, oltre che evidentemente tipica del Novecento con l’uso dell’immagine come icona della modernità, viepiù se si pensa al ruolo fondamentale di cui sono investite entrambe le forme d’arte dal regime fascista. La ricerca nell’ambito della rappresentazione fotografica nel periodo tra le due guerre è infatti accompagnata da una grande attenzione nei confronti della ricerca architettonica. All’interno di una situazione politica che vede affidare anche all’architettura il compito di promuovere i contenuti politici di un messaggio di rinnovamento dello stato culturale, la fotografia d’architettura interviene a sua volta in maniera diretta nella politica di propaganda a servizio del regime. Il linguaggio adottato, tutt’altro che univoco sia nelle esperienze architettoniche sia in quelle legate alla fotografia, vengono così a costituire un quadro piuttosto ampio e disomogeneo al cui interno tuttavia sono alcuni punti comuni offerti dal modo di leggere e interpretare il nuovo che avanza, come dal diffuso sentimento di partecipazione alla costruzione di una nuova coscienza politica, culturale e artistica o dalla forte tensione alla sperimentazione. In questi anni per esempio anche la fotografia italiana propone le sue prime sperimentazioni di fotomontaggio, ritenuto uno dei massimi strumenti di appropriazione soggettiva della fotografia, questo nuovo mezzo ha avuto un ruolo specifico soprattutto nelle creazioni architettoniche legate alla comunicazione non permanente.
Con Instant 900 ci si propone di sondare nuovamente questa strettissima relazione, la “materia”, viva e manipolabile, che caratterizza la fotografia istantanea è contaminata dalla materialità dell’architettura, l’esperienza unica e conclusa dello scatto si fonde con l’unicità dell’opera architettonica. In tal senso la fotografia, non solo è contaminata, ma è “aumentata” da un’altra forma di espressione artistica, esaltando ancora di più il rapporto “materiale” tra immagine e fotografo.
Dalla “Città del Duce” a Cesenatico a Terni, sono state individuate un numero limitato di opere, conosciute e non, ritenute rappresentative di quelle linee di tendenza artistiche che si confrontarono, si giustapposero e si susseguirono all’ombra del regime o che, a volte, si prestarono a celebrare l’ideologia e i miti proposti dal Fascismo. Tra queste, oltre al celeberrimo monumento a Icaro o alla colonia AGIP di Giuseppe Vaccaro, anche opere forse meno conosciute e certamente sorprendenti per scelta linguistica e collocazione.
Da un lato proponendo un breve ma efficace percorso critico all’interno dei diversi momenti che hanno caratterizzato il Ventennio in un ambito territoriale per molti aspetti periferico, ma di enorme rilevanza per alimentare il mito del Duce, dall’altro proponendo una rilettura di questo insieme di opere che offra uno sguardo a noi contemporaneo delle stesse, attraverso l’interpretazione e l’espressione artistica del Gruppo Polaser.
I “mosaici” fotografici esposti, insieme alla installazione in ghiaccio contenente una serie di Polaroid “a perdere” delle stesse architetture selezionate, consente alle opere degli artisti Polaser di colloquiare, sia pure in parallelo, con quanto esposto alla mostra "Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre", offrendo ai visitatori una ulteriore riflessione, o quanto meno uno sguardo “diverso” sull’architettura locale, e non, del Ventennio tra i principali temi indagati dalla grande mostra forlivese.
Una rivisitazione attuata attraverso il filtro della fotografia istantanea, strumento primo dell’espressione degli artisti del Gruppo, sperimentando un percorso di ricerca che, sulla scia delle numerose iniziative incentrate sulla letteratura, sulla pittura e sul teatro, in questa occasione si concentra sullo scambio linguistico tra fotografia e architettura. Proprio la ricerca e la sperimentazione di nuove possibilità espressive nelle molteplici forme dell’arte accomuna Polaser e l’associazione Stabile 5, particolarmente attenta tanto alla conoscenza, divulgazione e promozione dell’architettura del XX secolo realizzata nel territorio romagnolo quanto alla contaminazione tra le diverse discipline artistiche.
Non vi è dubbio che la relazione tra architettura e fotografia sia strettissima, oltre che evidentemente tipica del Novecento con l’uso dell’immagine come icona della modernità, viepiù se si pensa al ruolo fondamentale di cui sono investite entrambe le forme d’arte dal regime fascista. La ricerca nell’ambito della rappresentazione fotografica nel periodo tra le due guerre è infatti accompagnata da una grande attenzione nei confronti della ricerca architettonica. All’interno di una situazione politica che vede affidare anche all’architettura il compito di promuovere i contenuti politici di un messaggio di rinnovamento dello stato culturale, la fotografia d’architettura interviene a sua volta in maniera diretta nella politica di propaganda a servizio del regime. Il linguaggio adottato, tutt’altro che univoco sia nelle esperienze architettoniche sia in quelle legate alla fotografia, vengono così a costituire un quadro piuttosto ampio e disomogeneo al cui interno tuttavia sono alcuni punti comuni offerti dal modo di leggere e interpretare il nuovo che avanza, come dal diffuso sentimento di partecipazione alla costruzione di una nuova coscienza politica, culturale e artistica o dalla forte tensione alla sperimentazione. In questi anni per esempio anche la fotografia italiana propone le sue prime sperimentazioni di fotomontaggio, ritenuto uno dei massimi strumenti di appropriazione soggettiva della fotografia, questo nuovo mezzo ha avuto un ruolo specifico soprattutto nelle creazioni architettoniche legate alla comunicazione non permanente.
Con Instant 900 ci si propone di sondare nuovamente questa strettissima relazione, la “materia”, viva e manipolabile, che caratterizza la fotografia istantanea è contaminata dalla materialità dell’architettura, l’esperienza unica e conclusa dello scatto si fonde con l’unicità dell’opera architettonica. In tal senso la fotografia, non solo è contaminata, ma è “aumentata” da un’altra forma di espressione artistica, esaltando ancora di più il rapporto “materiale” tra immagine e fotografo.
Dalla “Città del Duce” a Cesenatico a Terni, sono state individuate un numero limitato di opere, conosciute e non, ritenute rappresentative di quelle linee di tendenza artistiche che si confrontarono, si giustapposero e si susseguirono all’ombra del regime o che, a volte, si prestarono a celebrare l’ideologia e i miti proposti dal Fascismo. Tra queste, oltre al celeberrimo monumento a Icaro o alla colonia AGIP di Giuseppe Vaccaro, anche opere forse meno conosciute e certamente sorprendenti per scelta linguistica e collocazione.
Da un lato proponendo un breve ma efficace percorso critico all’interno dei diversi momenti che hanno caratterizzato il Ventennio in un ambito territoriale per molti aspetti periferico, ma di enorme rilevanza per alimentare il mito del Duce, dall’altro proponendo una rilettura di questo insieme di opere che offra uno sguardo a noi contemporaneo delle stesse, attraverso l’interpretazione e l’espressione artistica del Gruppo Polaser.
I “mosaici” fotografici esposti, insieme alla installazione in ghiaccio contenente una serie di Polaroid “a perdere” delle stesse architetture selezionate, consente alle opere degli artisti Polaser di colloquiare, sia pure in parallelo, con quanto esposto alla mostra "Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre", offrendo ai visitatori una ulteriore riflessione, o quanto meno uno sguardo “diverso” sull’architettura locale, e non, del Ventennio tra i principali temi indagati dalla grande mostra forlivese.
Gli autori presenti: Andrea Drei, Massimiliano Vassura, Marco Ancarani, Carla Ponti, Fabrizio Giulietti, Renzo Magri, Cristina Paglionico, Pino Valgimigli, Katia Brigiari, Rodolfo Tagliaferro, Fabio Del Ghianda, Emanuele Luigi De Angelis, Federica Galli, Francesca Piro, Barry Bassi, Claudio Bocchini, Maria Vodarich, Max Vaccaro, Elena Gianessi e Maurizio Leoni.
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