domenica 5 ottobre 2025

#092 - L’Ex Policlinico di Perugia






Il tempo vola e si porta via la nostra umanità.
L’uomo distrugge se stesso e il pesce grosso ingoia il pesce piccolo.. compresi i bambini.
Tutto normale? Pare di sì!
L’Intelligenza Artificiale impera, il nuovo mondo digitale fagocita il vecchio mondo analogico, al quale per nascita mi sento di appartenere.
Il 6 agosto ci ha lasciati all’età di 95 anni il maestro Gianni Berengo Gardin, paladino della fotografia analogica e punto di riferimento per tanti giovani fotografi che, come me, nel secolo scorso si avvicinarono alla fotografia a piccoli passi.
Ho avuto l’occasione di ascoltarlo durante un incontro pubblico tenutosi nel 2011 ad Assisi, sul cortile davanti alla Basilica di San Francesco e mi sono rimaste impresse le sue parole: “Non sono un artista ma un testimone del mio tempo”.
Affermava di non voler catturare immagini belle o stilisticamente perfette, ma solo foto “buone” al fine di poter sempre e in ogni caso raccontare qualcosa.
Con le dovute proporzioni e con tutti i distinguo del caso, è un po' quello che ho cercato di fare anch’io dai primi anni Novanta in poi, osservando il fatidico mondo davanti alla mia porta.
Solo più tardi, con la scoperta di “Viaggio in Italia”, dell’opera di Ghirri e dei libri di Roberta Valtorta, ho cambiato paradigma ed ho iniziato ad indagare il paesaggio, non solo come testimonianza delle continue mutazioni ma come vero e proprio specchio dell’anima.
Mi ricordo ancora bene le buche del “Verghereto” quando portavo a sviluppare e “provinare” i miei FP4 Ilford da Imago Foto Lab a Santarcangelo di Romagna, dove c’era l’indimenticabile Massimiliano Di Teordoro che mi accoglieva con il suo magico sorriso, con la sua grande gentilezza e professionalità. Grazie Max!
Per me era come un viaggio premio: se ero fortunato potevo sbirciare lavori in fase di stampa di altri fotografi o incontrare persone molto interessanti, come ad esempio l’amico Mario Beltrambini sempre disponibile a fare due chiacchere.
In questo momento ho tra le mani due delle magnifiche confezioni, la n. 79 e la n. 80 del mio archivio storico. Sono le due pellicole che nel marzo del 2008 ho utilizzato per catturare gli ultimi attimi di vita del Policlinico, poco prima che venisse definitivamente trasferito all’attuale Silvestrini e che perdesse definitivamente la funzione ospedaliera, per diventare la Nuova Monteluce.
Un altro ancora in divenire.
Vi mostro alcuni provini scansionati delle foto di quel giorno di 17 anni fa, quando ancora a Monteluce c’era un po' di Ospedale.
Saluti.
Maurizio Leoni

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domenica 8 giugno 2025

#091 - Viaggio in Cina 2002

 


Nel Post #089 avevamo iniziato a parlare delle foto delle vacanze.
Cominciamo col vedere alcune delle 40 fotografie esposte ad Umbertide nel novembre 2008 per le quali avevo chiesto un testo di presentazione all'amico Sebastiano Giuffrida che molto gentilmente mi ha accontentato. Grazie ancora al professore e tanti saluti a lui e Signora! Ciao Tiziana.

"Premessa numero uno (quella corta): non sono mai stato in Cina e non so se e quando vorrò o potrò andarci.
Premessa numero due (quella un po’ più lunga): Maurizio Leoni è un gran viaggiatore e ancora, dopo vari anni, devo scoprire in quale luogo recondito del pianeta non sia mai stato.
Il punto è che da ogni viaggio, puntualmente, arriva carico di immagini lapidarie, di incisività perfetta, capaci di raccontarti in poche decine di fotogrammi un paese, un continente, un mondo, in maniera tale da farti credere che ci sia stato anche tu.
Credo sia questa la qualità più autentica dell’opera di Leoni, quella di affascinarti non con visioni inattese, acrobatiche o puramente formali, ma di farti vivere il luogo da lui rappresentato con grande spontaneità e freschezza sì da costringerti a pensare che questo sia il modo più giusto e rispettoso di raccontare uomini e cose diversi da te.
C’è, insomma, nella fotografia di Maurizio una sincera leggerezza dello sguardo che tende ad accomunare i luoghi lontani e le persone che li abitano alla nostra normalità quotidiana, perché comune è l’esperienza umana del lavoro, degli affetti, degli svaghi, in una parola del nostro essere nel mondo, che solo per avventura è in questa parte precisa e non altrove.
Certo, poi, a ben guardare, si scopre come questa leggerezza sia il prodotto di una grande consapevolezza tecnica.
Lo possiamo percepire nella disposizione dei piani, nell’uso accorto della prospettiva quasi sempre leggermente sghemba, nella sapiente articolazione delle macchie di colore presenti nell’inquadratura. Ma in ogni caso è sempre preponderante l’affetto dello sguardo: comprensivo, solidale, in una parola civile.
E in modo particolare in questa Cina del 2002, non ancora contaminata dall’euforia delle Olimpiadi di sei anni dopo, è avvertibile come l’occhio discreto di Maurizio Leoni cerchi di superare gli inevitabili stereotipi degli itinerari turistici, obbligati anche per l’occhiuta vigilanza delle guardie di regime, puntando attenzione e obiettivo sugli elementi di contrasto (vecchio/nuovo, antico/avveniristico, povero/ricco, ecc.) per esaltarne tutte quelle contraddizioni che producono, a turno, fatica umana, sradicamento, senso della pochezza del singolo nell’incombente e onnivoro ingranaggio metropolitano.
Da Pechino a Hong Kong, passando per Nanchino, Suzhou, Shanghai, Xi’An, Guilin, Maurizio Leoni realizza così un itinerario di conoscenza e comunicazione dell’individuo, più che genericamente del popolo o del continente-nazione cinese, in cui specchiare ingenuità, insicurezze, sproporzioni, anche e soprattutto nostre.
Considerazione finale: non so se andrò mai in Cina, ma mi piacerebbe avere, qui e adesso, la mitica arcivernice di Pier Cloruro de’Lambicchi (è un ricordo del Corriere dei Piccoli d’antan) e cospargerne un velo sulle foto di questa mostra sì da rendere viva e presente la raffigurazione che ne ha dato Leoni. Ma ci pensate al risparmio di tempo, denaro, fatica e voli a rischio?"

Sebastiano A. Giuffrida



 





























domenica 16 febbraio 2025

#090 - A proposito di me (10 anni da Umbria Terra Natìa)



Una volta scrissi “Mi piace pensare di essere un esploratore alla scoperta di terre lontane e invece sono solo un piccolo viaggiatore alla ricerca di se stesso”.
Era il 2015, Damiano aveva appena 6 anni, quando coraggiosamente pubblicai, con la complicità della casa editrice Edizioni Era Nuova, un piccolo libro dal sapore autobiografico, dedicato a lui e al miracolo di diventare padre all'età di 45 anni.
Ne beneficiarono amici e parenti, che ancora ringrazio, i quali accorsero in massa alle varie presentazioni che si susseguirono in giro per il territorio.
Di “Umbria Terra Natìa” si disse fosse un diario di viaggio (un taccuino) con un po' di piccole fotografie in bianco e nero, frutto delle mie esplorazioni nel “mondo davanti alla mia porta”... tanto per fare una citazione colta.
La fonte ispiratrice fu infatti, con tutto il rispetto e le dovute distanze, il celeberrimo “Un Paese” di Paul Strand e Cesare Zavattini pubblicato nel 1955 e divenuto una pietra miliare nell’editoria fotografica e non solo.
Questa mia esperienza sconsiderata di mettere insieme scrittura e fotografia (non sono uno scrittore, non ci vuole molto a capirlo e nemmeno un fotografo di grido) fu incorniciata dalla magnifica presentazione di Cecilia Bruschi, dalla postfazioni dei miei più cari amici (Foscolo, Simone, Vinicio, Vincenzo e Marcello), dal delizioso lavoro grafico di Giuseppe De Francesca e dal patrocinio di Istanti – Fotografia e Cultura.
Ora, 10 anni dopo, dopo qualche anno in Accademia a frequentare il Corso di Pittura (esperienza troncata dopo anni dal Covid) e dopo una breve e accorata esperienza politica, riprendo armi e bagagli e torno a viaggiare facendomi forza con le mie fragilità.
Torno a cercare me stesso!
Ma dove?
Se il viaggio è nella testa, il mio sarà nel mio archivio personale di migliaia e migliaia fotografie raccolte in 40 anni di attività di fotografo della domenica.
Un viaggio a ritroso a partire dalle pellicole e dalle diapositive dei vecchi tempi fino alle più recenti immagini digitali.
Se non adesso che ho quasi 62 anni, allora quando?
L’occasione è ghiotta, il tempo è poco e la vecchiaia incombe… vediamo cosa riuscirò a produrre.
Se qualcuno nutre qualche interesse per questo mio ennesimo viaggio sarà mia premura tenervi informati.
Grazie dell’attenzione.. Bau!

PS Godetevi questo breve video con mio figlio protagonista.