domenica 8 giugno 2025

#091 - Viaggio in Cina 2002

 


Nel Post #089 avevamo iniziato a parlare delle foto delle vacanze.
Cominciamo col vedere alcune delle 40 fotografie esposte ad Umbertide nel novembre 2008 per le quali avevo chiesto un testo di presentazione all'amico Sebastiano Giuffrida che molto gentilmente mi ha accontentato. Grazie ancora al professore e tanti saluti a lui e Signora! Ciao Tiziana.

"Premessa numero uno (quella corta): non sono mai stato in Cina e non so se e quando vorrò o potrò andarci.
Premessa numero due (quella un po’ più lunga): Maurizio Leoni è un gran viaggiatore e ancora, dopo vari anni, devo scoprire in quale luogo recondito del pianeta non sia mai stato.
Il punto è che da ogni viaggio, puntualmente, arriva carico di immagini lapidarie, di incisività perfetta, capaci di raccontarti in poche decine di fotogrammi un paese, un continente, un mondo, in maniera tale da farti credere che ci sia stato anche tu.
Credo sia questa la qualità più autentica dell’opera di Leoni, quella di affascinarti non con visioni inattese, acrobatiche o puramente formali, ma di farti vivere il luogo da lui rappresentato con grande spontaneità e freschezza sì da costringerti a pensare che questo sia il modo più giusto e rispettoso di raccontare uomini e cose diversi da te.
C’è, insomma, nella fotografia di Maurizio una sincera leggerezza dello sguardo che tende ad accomunare i luoghi lontani e le persone che li abitano alla nostra normalità quotidiana, perché comune è l’esperienza umana del lavoro, degli affetti, degli svaghi, in una parola del nostro essere nel mondo, che solo per avventura è in questa parte precisa e non altrove.
Certo, poi, a ben guardare, si scopre come questa leggerezza sia il prodotto di una grande consapevolezza tecnica.
Lo possiamo percepire nella disposizione dei piani, nell’uso accorto della prospettiva quasi sempre leggermente sghemba, nella sapiente articolazione delle macchie di colore presenti nell’inquadratura. Ma in ogni caso è sempre preponderante l’affetto dello sguardo: comprensivo, solidale, in una parola civile.
E in modo particolare in questa Cina del 2002, non ancora contaminata dall’euforia delle Olimpiadi di sei anni dopo, è avvertibile come l’occhio discreto di Maurizio Leoni cerchi di superare gli inevitabili stereotipi degli itinerari turistici, obbligati anche per l’occhiuta vigilanza delle guardie di regime, puntando attenzione e obiettivo sugli elementi di contrasto (vecchio/nuovo, antico/avveniristico, povero/ricco, ecc.) per esaltarne tutte quelle contraddizioni che producono, a turno, fatica umana, sradicamento, senso della pochezza del singolo nell’incombente e onnivoro ingranaggio metropolitano.
Da Pechino a Hong Kong, passando per Nanchino, Suzhou, Shanghai, Xi’An, Guilin, Maurizio Leoni realizza così un itinerario di conoscenza e comunicazione dell’individuo, più che genericamente del popolo o del continente-nazione cinese, in cui specchiare ingenuità, insicurezze, sproporzioni, anche e soprattutto nostre.
Considerazione finale: non so se andrò mai in Cina, ma mi piacerebbe avere, qui e adesso, la mitica arcivernice di Pier Cloruro de’Lambicchi (è un ricordo del Corriere dei Piccoli d’antan) e cospargerne un velo sulle foto di questa mostra sì da rendere viva e presente la raffigurazione che ne ha dato Leoni. Ma ci pensate al risparmio di tempo, denaro, fatica e voli a rischio?"

Sebastiano A. Giuffrida



 





























domenica 16 febbraio 2025

#090 - A proposito di me (10 anni da Umbria Terra Natìa)



Una volta scrissi “Mi piace pensare di essere un esploratore alla scoperta di terre lontane e invece sono solo un piccolo viaggiatore alla ricerca di se stesso”.
Era il 2015, Damiano aveva appena 6 anni, quando coraggiosamente pubblicai, con la complicità della casa editrice Edizioni Era Nuova, un piccolo libro dal sapore autobiografico, dedicato a lui e al miracolo di diventare padre all'età di 45 anni.
Ne beneficiarono amici e parenti, che ancora ringrazio, i quali accorsero in massa alle varie presentazioni che si susseguirono in giro per il territorio.
Di “Umbria Terra Natìa” si disse fosse un diario di viaggio (un taccuino) con un po' di piccole fotografie in bianco e nero, frutto delle mie esplorazioni nel “mondo davanti alla mia porta”... tanto per fare una citazione colta.
La fonte ispiratrice fu infatti, con tutto il rispetto e le dovute distanze, il celeberrimo “Un Paese” di Paul Strand e Cesare Zavattini pubblicato nel 1955 e divenuto una pietra miliare nell’editoria fotografica e non solo.
Questa mia esperienza sconsiderata di mettere insieme scrittura e fotografia (non sono uno scrittore, non ci vuole molto a capirlo e nemmeno un fotografo di grido) fu incorniciata dalla magnifica presentazione di Cecilia Bruschi, dalla postfazioni dei miei più cari amici (Foscolo, Simone, Vinicio, Vincenzo e Marcello), dal delizioso lavoro grafico di Giuseppe De Francesca e dal patrocinio di Istanti – Fotografia e Cultura.
Ora, 10 anni dopo, dopo qualche anno in Accademia a frequentare il Corso di Pittura (esperienza troncata dopo anni dal Covid) e dopo una breve e accorata esperienza politica, riprendo armi e bagagli e torno a viaggiare facendomi forza con le mie fragilità.
Torno a cercare me stesso!
Ma dove?
Se il viaggio è nella testa, il mio sarà nel mio archivio personale di migliaia e migliaia fotografie raccolte in 40 anni di attività di fotografo della domenica.
Un viaggio a ritroso a partire dalle pellicole e dalle diapositive dei vecchi tempi fino alle più recenti immagini digitali.
Se non adesso che ho quasi 62 anni, allora quando?
L’occasione è ghiotta, il tempo è poco e la vecchiaia incombe… vediamo cosa riuscirò a produrre.
Se qualcuno nutre qualche interesse per questo mio ennesimo viaggio sarà mia premura tenervi informati.
Grazie dell’attenzione.. Bau!

PS Godetevi questo breve video con mio figlio protagonista.




domenica 17 marzo 2024

#089 - Le foto delle vacanze

Hammamet, 1988 Tunisia - foto V.D.


La mia attività di blogger del venerdì (sono già fotografo della domenica e pittore del sabato) su queste pagine dedicate alla fotografia, al paesaggio e non so bene cos’altro è assai rallentata.
Questo è il primo post del 2024 e casualmente ho scoperto di aver scavallato i dieci anni di questo blog.
Buon compleanno IntraVedo!
Il mio è stato un percorso strano, fatto un po' a zigo zago ma questo è il mio ritratto più rappresentativo di uomo e di artista del fine settimana e sono contento così!
Certamente nessuno riterrà queste pagine un bene irrinunciabile per l’umanità, non sono un influencer, perlamordIddio! e ho solo qualche decina di follower tra amici e parenti.. ma chi se ne importa, io di queste cose mi ci nutro!
Dipende dal mio umore, da come mi sveglio la mattina o di come all’improvviso è “swicciata” la giornata ma personalmente quando ho voglia fotografo, disegno, dipingo, scrivo anche se non so fotografare, disegnare, dipingere e ancor meno scrivere.
Sono contento così! È la mia vita fatta di tante cose e quasi tutte fatte male.
Ma torniamo alle foto delle vacanze.
Quando cominciai a fotografare molti anni or sono, due erano gli scopi:
1 - fotografare il mondo attorno a me, ad esempio, le vie del mio paese o i vicini di casa;
2 - fotografare le bizzarre vacanze che facevo con i miei amici.
Ovviamente parliamo di fotografia analogica, per il paesello usavo le pellicole in bianco e nero mentre per le vacanze utilizzavo le famose diapositive a colori.
Con le diapositive era un po' più difficile fare foto perché se sbagliavi l’esposizione quel tipo di pellicola non ti perdonava.
Il mio primo viaggio in aereo lo feci nel 1988 in Tunisia ad Hammamet, non per motivi politici (sono socialista!) ma solo per andare al mare.
Avevo già 25 anni ma i tempi erano diversi.
Devo questo battesimo del volo ai miei amici di sempre, un po' più grandi ed esperti di me che mi hanno iniziato a questo tipo di ferie istruttive e goliardiche allo stesso tempo.
Da quella volta le vacanze all’estero divennero un abitudine irrinunciabile con tanto di rituale della proiezione delle diapositive alla presenza dei soliti amici e parenti.
Con il tempo arrivò così la mia primissima mostra di “fotografie di viaggio” (cioè delle vacanze) a Bettona, su gentile invito dell’amico Sebastiano Giuffrida e dell’Associazione Bictonia, che ancora oggi ringrazio.
Era l’estate del 2006.
Stampammo una trentina di foto... forse meno e il metodo usato per la stampa è stato il Cibachrome, un procedimento di stampa fotografica a colori positivo-positivo.
Come funzionava la stampa delle diapositive in cibachrome?
Semplice, prendevi le diapositive, le mettevi in una di quelle scatolette di plastica trasparenti che si rompevano facilmente, le portavi dal fotografo che qualche giorno dopo ti ridava le diapositive e le stampe. Facile no!
Ah, dimenticavo, costavano un botto!
Buona vita!  

Maurizio Leoni

 

Lisbona, 2001 Portogallo foto Maurizio Leoni


Skiathos, 1989 Grecia - foto V.D.






lunedì 11 dicembre 2023

#088 Bastia Umbra - La città svelata

 

La locandina della mostra


Quando nel 2002 mi trasferii da Petrignano d'Assisi alla vicina Bastia Umbra, volli dedicare alla mia nuova città questo lavoro fotografico, consistente in foto analogiche ai sali d'argento e in mosaici di istantanee polaroid 1200 "spellicolate".

L'Arch. Mario Bruno Broccolo scrisse per me questo testo di presentazione:

Le fotografie di Maurizio Leoni fanno nascere una strana sorta di invidia in chi le guarda: com’è possibile che lui abbia visto quelle cose, che erano sotto i nostri occhi, sotto gli occhi di tutti, tutti i giorni? Siamo dunque sempre così distratti? Tutto ciò è simile a quella sensazione che si prova quando un amico ci rivela un particolare, una cosa importante, che però ci era sfuggita. La città, le porte, i frammenti urbani, ci sono sempre stati: dunque noi non c’eravamo?Nello scegliere il titolo della sua mostra, non so se Maurizio Leoni abbia pensato al significato originario della parola svelare: svelare come togliere il velo, come atto di verità. Le sue fotografie hanno appunto la capacità di non rivelare alcunché, ma semmai di svelare. Non c’è nessun evento straordinario, nessuna “rivelazione”, nessuna annunciazione, nessuna epifania: gli elementi sono stati sempre lì. Nello svelare l’evidenza Maurizio Leoni istituisce, a mio avviso, un tempo. Negli episodi dell’incontro, dove l’uomo è il soggetto principale, il tempo è presente, noi siamo presenti. Sia che queste persone ci guardino o che ci ignorino, parlando tra loro, noi siamo parte di questa azione, e veramente l’architettura pare essere la “scena fissa per l’azione degli uomini”, come diceva Aldo Rossi. Nello svelarci la città attraverso le sue costruzioni, invece, questa è quasi disabitata, e pare che il tempo si sia fermato. Ma è, insieme, un tempo fragile. Un momento, e non sarà più così. Lo sappiamo: quei silos andranno giù, quel passaggio a livello sarà dismesso, le pompe di benzina allontanate. Guardiamo appunto questa città come un attimo prima che il “progresso” la modifichi irreversibilmente. La guardiamo, se non fosse paradossale, con una forma di nostalgia: come se l’avessimo già perduta. Questo senso di perdita, di lontananza, è esaltato dalla fortissima oggettivazione degli episodi urbani. La città è vista per dettagli assoluti o riflessa nei vetri. Questa riflessione pone appunto un’ulteriore distanza noi e l’oggetto. Quello che vediamo non è più la città, ma già una sua rappresentazione, un suo doppio: una ri-presentazione.
Maurizio Leoni restituisce comunque ai cittadini la città di Bastia.
Ma quale Bastia? Credo che la colga in un momento di passaggio. Da una parte ci ritorna una cittadina di provincia, ricca di una socialità sorridente, pacata, in movimento lento. Dall’altra ci fa appena intuire la città che verrà. Un momento di passaggio tra la cittadina che esce dal suo passato rurale e si affaccia su una dimensione diversa, che come tutte le città odierne, non riesce più a controllare formalmente e compiutamente.
Questa città in embrione ci parla non più secondo un discorso compiuto, come può essere la piazza, (guarda caso intensamente vissuta), ma attraverso frasi sconnesse, episodi. Spesso è una città che parla attraverso i i suoi episodi meno noti (ponti, passaggi a livello, tubazioni, ecc.), od i propri segnali (le”istruzioni per l’uso”: cartelli, divieti, frecce, ecc.), forse perché l’architettura ha perduto la sua immediata capacità narrativa. Anche questo aspetto della architettura contemporanea è colto in pieno da Maurizio, laddove gli elementi della città tutta ci vengono riproposta in maniera evocativa e direi in alcuni episodi anche onirica.
Questa decontestualizzazione, questa oggettivazione, obbliga anche ad un giudizio sulla composizione di ciò che è ritratto. Perché di tutti i possibili modi di vedere un certo oggetto (o una coppia di oggetti), ce n’è solo uno con quel taglio, con quelle linee di forza, con quel tempo d’esposizione, con quella profondità di campo. Si tratta ovviamente di piaceri sottili, riservati a chi vorrà prendersi il tempo di indugiare un po’ più a lungo su queste immagini.
A compensare questa seriosità, tuttavia, le foto di Maurizio Leoni conservano tutto un registro auto-ironico. Si veda per esempio la “linguaccia” che l’anziana signora ci fa, o allora l’accostamento di oggetti e scritte, o ancora la composizione di oggetti presi (sor-presi?), in uno spiazzante fuori scala. Credo che l’ironia sia proprio la chiave di lettura giusta per riportare, ancora una volta, l’evento alle sue giuste dimensioni, alla sua scala naturale. La “linguaccia” è appunto lo sberleffo che l’anziana fa prima di tutto al fotografo, e poi a noi, così come i tubi e le scritte sono spiazzanti prima per lui che per noi.
Mario Bruno Broccolo

































sabato 28 ottobre 2023

#087 genealogia

Locandina della mostra

Hic sunt leones!
A volte nella vita di ognuno di noi accadono cose straordinarie.
Questo lavoro del 2007 è il racconto di me stesso alla ricerca delle mie radici.

Henri Cartier - Bresson, uno dei padri della fotografia, affermò:
"Per significare il mondo, bisogna sentirsi coinvolto in ciò che si inquadra nel mirino. Fotografare è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore".
Un autore che produce immagini per mestiere o per diletto esplora il mondo alla ricerca di qualcosa da interpretare attraverso il setaccio della sua sensibilità.
Se le immagini sono "superfici significanti" per chi le osserva, per chi compie il "gesto fotografico" sono la rappresentazione della sua stessa anima.
Maurizio Leoni "scopre" Sant’Oreste attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica colmando un vuoto che si porta dentro da tanti anni.
In questo lavoro c’è la ricerca della propria identità attraverso i luoghi e le persone che appartengono da sempre al proprio patrimonio genetico e che rappresentano parte delle proprie radici.
Suo nonno Zaccaria Leoni nato a Sant’Oreste nel 1876 si arruolò poco più che ventenne come "Carabiniere a piedi nella Legione Cagliari".
Figlio di Giuseppe e di De Mattei Antonina, alto di statura, colorito bruno, capelli castani lisci, occhi castani, dentatura sana, professione contadino che sapeva leggere poco e scrivere poco, fu collocato a riposo il 27 dicembre 1920.
Il 13 dicembre 1922 si sposò con Cecilia Capezzali stabilendosi in Umbria, a Petrignano di Assisi, dove visse fino al 25 maggio del 1948, giorno in cui morì all’età di 72 anni senza fare più ritorno nel paese di origine.
Maurizio che è nato nel 1963 non ha conosciuto suo nonno se non dalla foto che spiccava in cucina, e fin da bambino, di quella figura rassicurante, dai grandi baffi neri e con il cappello da carabiniere, sapeva solo che era suo nonno e che era nato e cresciuto a Sant’Oreste … vicino a Roma.
Due anni fa, dopo alcuni contatti, prima via e-mail con la Pro Loco e poi per telefono, ricostruite le discendenze, è stato possibile organizzare un emozionante incontro tra Maurizio e Flora nipoti di Zaccaria e la numerosissima parentela tutt’ora residente a Sant’Oreste e dintorni.
Maurizio Leoni appassionato e apprezzato fotografo ha voluto dedicare ai cittadini di Sant’Oreste una mostra fotografica dal titolo "Genealogia" che si terrà dal 20 al 27 maggio presso la Sala delle Bettine in Piazza dei Cavalieri Caccia realizzata con il patrocinio della Pro Loco e del Comune di Sant’Oreste, dell’Associazione “ISTANTI fotografia e cultura” e della F.I.A.F.
Claudio Salvucci


Ringrazio Claudio e saluto tutti i miei parenti, amici e compari di Sant'Oreste.